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LE QUINTE CLASSI DELL’IPSSEOA INCONTRANO IL DOTTOR LEONARDO ALOSA DELLA FONDAZIONE GRANDI INVALIDI DI GUERRA

L’insegnante viene investito del grande ruolo di accompagnare i giovani per mano verso percorsi opposti a quelli dell’indifferenza, della mancanza di un pensiero civico e di una personalità forte che pensa, dell’edificazione di uno Stato che può arrivare a programmi politici di isolamento, espulsione e sterminio. Ma come si fa a scegliere il bene e ad agire con responsabilità, a non essere indifferenti di fronte al male, a maturare la capacità di indignarsi? E tutto questo, che significato ha per noi oggi che viviamo in una società in cui i valori di democrazia, diritti umani e libertà vengono spesso e ancora violati e ignorati? In questo, la scuola ha la responsabilità di educare le nuove generazioni a costruire una società che poggia sui cardini della pace, della tolleranza e dell’accettazione dell’altro. Il 30 Ottobre, in vista della festa della commemorazione dei caduti in guerra che ricorre il 4 Novembre, la professoressa  Daniela Mancini è stata promotrice all’interno dell’IPSSEOA, sollecitata dalla  Nostra Dirigente Scolastica fautrice sempre convinta della validità di tale agire educativo, di un breve percorso di Educazione alla Memoria in collaborazione con l’insegnante di Italiano e Storia, la prof.ssa Carmela Sinopoli e che ha visto coinvolte le classi quinte di Enogastronomia e Sala. 
Tale percorso è stato arricchito dal prezioso intervento del rappresentante della Fondazione Grandi Invalidi di Guerra in quanto figlio di prigioniero di guerra, il dott. Leonardo Alosa. Quest’ultimo, dopo aver descritto a grandi linee le tappe salienti del secondo conflitto mondiale, ha voluto sensibilizzare i ragazzi verso tematiche che a volte sembrano tanto distanti da loro, partendo dalla propria esperienza personale, aprendo il cuore ai ragazzi,parlando dell’esperienza che ha visto coinvolto suo padre nei campi di concentramento.
Il dott. Alosa ha posto alla vista dei ragazzi fonti fotografiche che ritraevano il padre insieme ad altri, ha fatto notare i loro abiti, i loro volti segnati dalla sofferenza; ha altresì mostrato una rubrica dove il padre segnava di tutto, anche recapiti degli altri prigionieri, una sorta di diario di viaggio. I ragazzi sono stati coinvolti e hanno mostrato sensibilità e spirito critico ponendo spesso quesiti al dott. Alosa. Viviamo in un’epoca in cui la maggior parte dei giovani sta crescendo in una sorta di presente permanente, nel quale manca ogni rapporto organico con il passato storico del tempo in cui essi vivono. Si corre il rischio di una frattura insanabile, tra passato e presente, tra adulti e giovani, perché questi ultimi vivono troppo immersi nel presente e ignorano quasi del tutto il passato storico. 

Interventi come questo fatto dal dottore Alosa sono importanti nella scuola, in questo tempo che vede inabissare le memorie personali di milioni di persone che parteciparono e patirono quei tragici eventi, dove il costo umano e morale è stato molto alto. Ci deve essere sempre e costantemente la volontà di mantenere vive in ambito didattico la conoscenza, l’educazione e l’assimilazione delle tematiche sulla Memoria affinché le giovani generazioni possano farne tesoro per la propria crescita e per la propria formazione. 

Prof.ssa Carmela Sinopoli

“Racconto mio padre” di L. Alosa

Penso non sia stato  facile per mio padre, dopo tanti anni di silenzio, elaborare ricordi indelebili nella sua memoria, di quello che era stato il suo vissuto di militare di marina del Regio Esercito, con funzioni di telegrafista, affondato a Corfù, vivo per miracolo, fatto prigioniero dai tedeschi, deportato con dei vagoni bestiame (22/07/1944) nel lager tedesco in Germania e collocato nel campo 1B di Alisten.

In quel campo di concentramento, costituito da grandi baracche dove dormivano, dove facevano i loro bisogni in un vano centrale, fu  sottoposto a lavori forzati. Scarsi gli indumenti, come cibo bucce di banane, vita rischiata per un pezzo di pane oltre il filo spinato di delimitazione del campo e nascosto sotto la neve da un vicino, mosso da pietà.

Ammalatosi di broncopolmonite, avvolto in un lenzuolo, fu abbandonato per una notte all’addiaccio con un altro italiano, che perì, mentre lui riuscì a sopravvivere avendo durante la notte delle visioni angeliche che lo sostennero, cosicché la mattina dopo, di fronte all’evidenza, fu curato come dovuto.

Nel periodo di prigionia rinunciò alla libertà offertagli in cambio dell’adesione alla repubblica di Salò: egli non volle aderire!

Durante l’avanzata e l’occupazione della Germania da parte dei Russi fu fatto prigioniero da questi e portato nei campi di prigionia in Russia. Qui ebbe un trattamento più umano anche perché fu addetto alla cucina degli ufficiali russi con cui aveva stretto buoni rapporti, facendosi apprezzare per l’onesta, l’intraprendenza nella cucina e inventandosi anche degli utensìli per fare gli spaghetti.

Alla fine del conflitto, nel settembre del 1945, liberato dai Russi, fece rientro con altri Italiani impiegando alcuni mesi per raggiungere Cariati, ridotto pelle e ossa e con addosso vestiti sgualciti oltre a ospiti indesiderati.

Non saprò mai tutto il vissuto di mio padre nei lunghi anni di guerra e prigionia, considerando che ciò che volle rivelare fu solo una piccolissima parte e, nonostante le diverse sollecitazioni di trascriverle a futura memoria di quello che era stato, sempre rifiutò, lasciandomi nell’animo un sottile filo di unione dei ricordi che mi ha spinto a recarmi a conoscere da vicino i campi di sterminio nazista di Auschwitz e per ripercorrere nella mente e nel cuore mio, ciò che aveva vissuto.

A Cariati fu tra i fondatori della sezione Grandi Invalidi di Guerra, un manipolo di persone che nella mente, nello spirito e nel fisico avevano riportato le indimenticabili ferite di guerra, e ogni 4 Novembre, con la loro Bandiera, partecipavano a questa ricorrenza onorando i caduti e testimoniando la loro presenza, rispondevano “presente” a ogni nome dei caduti, facendoli vivere ancora nella storia del Nostro paese.

Oggi, che i nostri padri non ci sono più, a noi figli è rimasta quella forte eredità della memoria da portare avanti attraverso la Fondazione Grandi Invalidi di Guerra.

Sono grato a voi Ragazzi che in questa giornata speciale avete reso vitale e non vano il sacrificio di mio padre e di tanti vostri nonni che hanno combattuto e vissuto nel nostro paese per renderlo migliore, lasciandoci il testimone morale per proseguire nel loro mandato e per farli vivere, ancora, nella nostra VITA.